il più antico dei miei pensieri..
"JACKMAX"
"JACKMAX"
E da allora solo oggi non farnetico più
a guarirmi chi fu
ho paura a dirti che sei tu.
Ora noi siamo già più vicini
Io vorrei non vorrei ma se vuoi.
Come può uno scoglio
arginare il mare
anche se non voglio
torno già a volare
Le distese azzurre
e le verdi terre.
Le discese ardite
e le risalite
su nel cielo aperto
e poi giù il deserto
e poi ancora in alto
con un grande salto.
Dove vai quando poi resti sola
senza ali tu lo sai non si vola.
Io quel dì mi trovai per esempio
quasi sperso in quel letto così ampio.
Stalattiti sul soffitto i miei giorni con lei
io la morte abbracciai
ho paura a dirti che per te
mi svegliai.
Oramai fra di noi solo un passo
Io vorrei non vorrei ma se vuoi.
Come può uno scoglio
arginare il mare
anche se non voglio
torno già a volare
Le distese azzurre
e le verdi terre
le discese ardite
e le risalite
su nel cielo aperto
e poi giù il deserto
e poi ancora in alto
con un grande salto.
Cortesia di poeta
"JackMax"
Cita dal blog di Francesco Manzoni
Il tocco lieve delle tue mani forti
curiose e suadenti
scorrrono sulla mia pelle di fuoco
che non ambisce altro che te.
La tua voce che sfiora i sensi
a completare un quadro ad acquarelli
che dipingono i colori della vita
con tocchi decisi come lampi nel cielo.
La danza del tuo cuore
che traspare in emozioni soavi
ad alimentare un fuoco che vive
sotto una coltre di cenere creduta spenta.
VIVERE
Quando la luna sorride dall’alto dell’oscuro cielo.
Quando il sole riscalda la pelle dal freddo gelata.
Quando l’amore è donna coperta d’un bianco velo.
Quando sorridere è morir per una donna amata.
Quando il tramonto avvolge di rossore il caldo mare.
Quando spira il vento portando lontane canzoni.
Quando il tempo è un piacevole ondeggiare.
Quando la natura nasconde mirabili emozioni.
Quando vivere è ammirare un gatto vellutato, O sentir la melodia di un quadro immacolato.
Quando la vita dorme sul seno di una fanciulla, O riposa col bimbo che piange nella culla.
Quando il tramonto avvolge di rossore il caldo mare. Vivere è un incantevole eterno amare.
Elvis Presley - Love me tender
Avedon was born in New York City to a Jewish-Russian family. After briefly attending Columbia University, he started as a photographer for the Merchant Marines in 1942, taking identification pictures of the crewmen with his Rolleiflex camera given to him by his father as a going-away present. In 1944, he began working as an advertising photographer for a department store, but was quickly discovered by Alexey Brodovitch, the art director for the fashion magazine Harper's Bazaar. In 1946, Avedon had set up his own studio and began providing images for magazines including Vogue and Life. He soon became the chief photographer for Harper's Bazaar. Avedon did not conform to the standard technique of taking fashion photographs, where models stood emotionless and seemingly indifferent to the camera. Instead, Avedon showed models full of emotion, smiling, laughing, and, many times, in action.
In 1966, Avedon left Harper's Bazaar to work as a staff photographer for Vogue magazine. He proceeded to become the lead photographer of Vogue and photographed most of the covers from 1973 until Anna Wintour became editor in chief in late 1988 . Notable among his fashion advertisement photograph series, are the recurring assignments for Gianni Versace, starting from the spring/summer campaign 1980.
In addition to his continuing fashion work, Avedon began to branch out and photographed patients of mental hospitals, the Civil Rights Movement in 1963, protesters of the Vietnam War, and the fall of the Berlin Wall.
During this period Avedon also created two famous sets of portraits of The Beatles. The first, taken in mid to late 1967, became one of the first major rock poster series, and consisted of five striking psychedelic portraits of the group — four heavily solarised individual colour portraits (solarisation of prints by his assistant, Gideon Lewin, retouching by Bob Bishop) and a black-and-white group portrait taken with a Rolleiflex camera and a normal Planar lens. The next year he photographed the much more restrained portraits that were included with The White Album in 1968. Among the many other rock bands photographed by Avedon, in 1973 he shot Electric Light Orchestra with all the members exposing their bellybuttons for recording, On the Third Day.
Avedon was always interested in how portraiture captures the personality and soul of its subject. As his reputation as a photographer became widely known, he brought in many famous faces to his studio and photographed them with a large-format 8x10 view camera. His portraits are easily distinguished by their minimalist style, where the person is looking squarely in the camera, posed in front of a sheer white background. Avedon would at times provoke reactions from his portrait subjects by guiding them into uncomfortable areas of discussion or asking them psychologically probing questions. Through these means he would produce images revealing aspects of his subject's character and personality that were not typically captured by others.
He is also distinguished by his large prints, sometimes measuring over three feet in height. His large-format portrait work of drifters, miners, cowboys and others from the western United States became a best-selling book and traveling exhibit entitled In the American West, and is regarded as an important hallmark in 20th Century portrait photography, and by some as Avedon's magnum opus. Commissioned by the Amon Carter Museum in Fort Worth, Texas, it was a six-year project Avedon embarked on in 1979, that produced 125 portraits of people in the American west who caught Avedon's eye.
Avedon was drawn to working people such as miners and oil field workers in their soiled work clothes, unemployed drifters, and teenagers growing up in the West circa 1979-84. When first published and exhibited, In the American West was criticized for showing what some considered to be a disparaging view of America. Avedon was also lauded for treating his subjects with the attention and dignity usually reserved for the politically powerful and celebrities. Laura Wilson served as Avedon's assistant during the creation of In the American West and in 2003 published a photo book documenting the experiences, Avedon at Work, In the American West.
Avedon became the first staff photographer for The New Yorker in 1992. He has won many awards for his photography, including the International Center of Photography Master of Photography Award in 1993, the Prix Nadar in 1994 for his photobook Evidence, and the Royal Photographic Society 150th Anniversary Medal in 2003.
Non perdere mai la speranza nell’inseguire i tuoi Sogni,
perché c’e’ un’unica creatura che può fermarti,
e quella creatura sei tu.
Non smettere mai di credere in te stessa e nei tuoi sogni.
Non smettere mai di cercare,
tu realizzerai sempre ogni cosa ti metterai in testa.
L’unico responsabile del tuo successo
o del tuo fallimento sei tu, ricordalo…
ogni pensiero o idea pronunciata a voce alta viaggia nel vento,
la voce corre nell’aria, cambiandone il corso.
Se sei brava da udire abbastanza,
tu potrai ascoltare l’eco di saggezze
e conoscenze lontane nel tempo e nello spazio.
Tutto il sapere del mondo e’ a disposizione di chiunque sia disposto
a credere e a voler ascoltare.
La libertà e’ una scelta che soltanto tu puoi fare:
tu sei legata soltanto dalle catene delle tue paure.
Non e’ mai una vera tragedia provare e fallire,
perché prima o poi si impara, la tragedia e’
non provarci nemmeno per paura di fallire.
Mentre noi possiamo orientarele
nostre mosse verso un obiettivo comune,
ognuno di noi deve trovare la sua strada,
perché le risposte non possono essere trovate
seguendo le orme di un’altra persona….
Se tu puoi compiere grandi cose quando gli altri credono in te,
immagina ciò che puoi raggiungere
quando sei tu a credere in te stessa.
Peter O'Connor
Se la mia vita passa tuttavia
e di tanto in tanto da folti viticci
una poesia matura ancora scende,
devo essere grata a te.
Tu non lo sai che hai seppellito
l'immagine tua nel silenzio delle mie notti,
e ciò che la mia poesia ha portato alla luce
era già prima in te.
Hermann Hesse
Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.
Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.
Pablo Neruda
Passerà